Buongiorno a tutti e a tutte. Nel mese scorso, novembre, l’azionario statunitense ha registrato un ribasso del 6% dai massimi, per poi recuperare gran parte delle perdite verso la fine del mese. Prima di scendere nei particolari procediamo con ordine e vediamo nel dettaglio l’andamento dei principali mercati nelle ultime settimane.
Come sono andati i mercati in questo mese?
Buongiorno a tutti e a tutte. Nel mese scorso, novembre, l’azionario statunitense ha registrato un ribasso del 6% dai massimi, per poi recuperare gran parte delle perdite verso la fine del mese. Prima di scendere nei particolari procediamo con ordine e vediamo nel dettaglio l’andamento dei principali mercati nelle ultime settimane.
Azionario
S&P500: -0,04% (LINEA BLU)
FTSE MIB: +0,31% (LINEA VERDE)
DAX (30 titoli tedeschi a maggior capitalizzazione): -1,22% (LINEA ROSSA)
NASDAQ: -1,96% (LINEA ARANCIONE)
I mercati globali hanno vissuto un mese di novembre molto volatile. L’azionario statunitense, dopo aver toccato nuovi massimi storici, ha perso il 6% per poi recuperare praticamente tutte le perdite nell’ultima settimana del mese di novembre.
Per l’azionario europeo il mese è stato meno volatile, con il FTSE MIB che ha chiuso in lieve guadagno e il DAX che ha bruciato tutti i guadagni della prima metà del mese chiudendo in ribasso di oltre 1 punto percentuale.
Obbligazionario
GOVERNATIVO USA SCADENZA 20+: +0,53% (LINEA BLU)
BTP10 ANNI: +0,17% (LINEA ARANCIONE)
BTP SCADENZA 1-3 ANNI: +0,07% (LINEA VERDE)
GOVERNATIVO USA SCADENZA 1-3 ANNI: -0,19% (LINEA ROSSA)
Il mese dell’obbligazionario governativo statunitense a lunga duration è la chiara esemplificazione di come siano cambiate le aspettative degli investitori durante il mese di novembre 2025. La prima metà del mese è stata contraddistinta da lateralizzazione ed incertezza. Dopo la metà del mese, con l’aumentare delle aspettative per un taglio dei tassi della FED, l’obbligazionario USA a lunga duration ha fatto registrare un forte rialzo, passando a chiudere il mese in positivo.
Per l’obbligazionario europeo invece, dove la politica monetaria della BCE è meglio delineata e i dati macroeconomici non stanno sorprendendo, il mese è stato piuttosto tranquillo.
Materie prime
GAS NATURALE: +7,60% (LINEA VERDE)
ORO: +5,18% (LINEA BLU)
PETROLIO: -3,27% (LINEA ARANCIONE)
Sul fronte delle commodity c’è stata una decisa ripresa dell’oro che, su aspettative di una FED più accomodante (e quindi di un dollaro più debole) ha fatto registrare un netto recupero dopo aver ritracciato nel mese di ottobre. Il gas naturale ha fatto registrare, seguendo la stagionalità, un mese di importanti rialzi mentre il petrolio, complici le distensioni sul fronte geopolitico, ha perso più del 3%.
Cos’è successo sui mercati questo mese?
Il mese di novembre è stato tutt’altro che tranquillo sui mercati. Dopo il taglio dei tassi avvenuto nel mese di ottobre, gli investitori davano per scontato un taglio dei tassi di 25 basis point da parte della FED anche nel meeting di dicembre. Guardando al FedWatch, uno strumento di CME Group che mostra, in tempo reale, le probabilità che la Federal Reserve alzi, tagli o mantenga invariati i tassi nei prossimi meeting sulla base dei prezzi dei futures sui Fed Funds, le aspettative ad inizio mese erano sbilanciate verso un taglio dei tassi certo a dicembre 2025.
Dopo i primi giorni del mese di novembre le aspettative degli operatori di mercato sono cambiate. L’interruzione dello shutdown del governo americano ha segnato il ritorno alla pubblicazione di dati macroeconomici: unitamente a dati contrastanti sul mercato del lavoro americano sono stati pubblicati i verbali della riunione di ottobre della FED, verbali che hanno evidenziato una netta spaccatura tra i membri della banca centrale americana, con metà degli esponenti propensi a tagliare ulteriormente i tassi per stimolare il mercato del lavoro e l’altra metà propensa a mantenerli invariati per contrastare un’inflazione in risalita.
La situazione di incertezza ha portato gli investitori ad interrogarsi sulle future mosse della FED: taglio dei tassi a dicembre o no? Citando il celebre soliloquio di Amleto, pronunciato nella terza scena del terzo atto dell'omonima tragedia di Shakespeare, il tormento interiore di Amleto è paragonabile al possibile tormento che ha colpito (o colpirà) la FED, incerta ed in bilico tra due situazioni contrastanti: “taglio o non taglio dei tassi?”.
L’incertezza si sa, non piace ai mercati, motivo per il quale in pochi giorni i principali indici statunitensi hanno perso il 5-6% dai massimi segnati ad inizio mese, con un cambio di aspettative radicale: nessun taglio dei tassi nel meeting di dicembre della FED.
Quando sembrava imminente l’entrata in una fase di correzione (-10% dai massimi), da venerdì 21 novembre il mercato azionario ha ripreso a salire, sostenuto da dichiarazioni accomodanti da parte di alcuni esponenti della FED, dichiarazioni che hanno riportato sul tavolo un possibile taglio dei tassi a dicembre. Nell’ultima settimana del mese di novembre i rialzi sono proseguiti, con dati sull’indice dei prezzi alla produzione (la misura preferita dalla FED per prendere le proprie decisioni di politica monetaria) che sono risultati in linea con le aspettative, elemento che ha portato il mercato a prezzare all’85% un taglio dei tassi di 25 punti base da parte della FED a dicembre (vedi grafico 1).
Grafico 1 – Le probabilità di un taglio dei tassi nel prossimo meeting della FED
Fonte: FEDWatch tool
Ora, con il cambio di aspettative repentino da parte degli operatori, un FOMC diviso in due, un mercato del lavoro in rallentamento (ma non troppo) e un’inflazione in risalita, la FED dovrebbe tagliare i tassi nel meeting del 10 dicembre oppure no?
Il mercato sconta ormai un taglio dei tassi di 25 punti base. Gli analisti però sono divisi in due opposte fazioni, come i membri del FOMC, con due distinte correnti di pensiero. Una corrente opta per la via più prudenziale: non tagliare i tassi, mantenerli agli attuali livelli e vedere l’andamento dell’inflazione e del mercato del lavoro nei prossimi mesi; l’altra corrente è propensa ad un taglio dei tassi a dicembre per anticipare eventuali pesanti rallentamenti nel mercato del lavoro, con un’inflazione comunque non eccessivamente alta che non deve spaventare.
Che fare quindi? Taglio o non taglio? Il dilemma che deve fronteggiare la FED non è affatto semplice e con ogni probabilità non andrà contro il mercato; quello che ci si può aspettare è un tono di Powell da “falco”, così da accontentare sia i membri più accomodanti, sia quelli meno accomodanti.
Certo è che, nonostante i timori per una possibile bolla del settore AI, i mercati sono ora proiettati verso nuovi massimi verso fine anno, con gli investitori che sono posizionati al rialzo per il cosiddetto Santa Rally, movimento rialzista tipico che avviene nel mese di dicembre. E quando il mercato vuole far registrare nuovi massimi è bene non “andarci contro e tentare di prevedere un crollo” in quanto, se il sentiment è e resta positivo, sono maggiormente probabili nuove spinte rialziste.
Cosa possiamo imparare dagli avvenimenti di questo mese?
Il mese di novembre è stato molto volatile, con gli eventi negli USA che hanno movimentato i mercati globali. Questo mese ci lascia un’importantissima lezione: l’importanza delle aspettative sul corso dei mercati azionari ed obbligazionari. Ciò che muove il prezzo di ogni asset sono infatti le aspettative, non il pregresso e non la storia. Certo, la storia (l’analisi tecnica) può aiutare a tracciare supporti e resistenze per valutare eventuali punti di ingresso ottimale a mercato, ma a fare la differenza sono le aspettative ed il conseguente posizionamento degli investitori istituzionali e retail.
Aspettative di tassi più bassi sono accolte positivamente, con gli investitori che vanno ad esporsi ad asset più rischiosi (come l’azionario); aspettative di rialzi dei tassi portano tendenzialmente alla correzione di quegli asset qui rischiosi, soprattutto le azioni con un beta elevato (che tendono ad amplificare i movimenti di mercato).
In fasi di incertezza come nel mese di novembre è sempre bene ricordarsi il proprio orizzonte temporale, non facendosi disturbare da movimenti e “rumori” di breve termine. Se si è più suscettibili a movimenti di breve è sempre sensato ridurre il beta della componente azionaria, evitando quelle posizioni in azionario che quota a multipli eccessivi (le growth stock) mentre se si ha orizzonte di lungo periodo, ogni pullback del 5-6% è e resta occasione di acquisto interessante.




